Il fantastico mondo dei burattini
Autori
MARIA SIGNORELLI
Maria Signorelli nasce a Roma il 17 novembre del 1908 dalla scrittrice e medico lèttone Olga Resnevitch e da Angelo ignorelli, uno dei primi radiologi italiani; prima di tre bambine, Maria raccoglie fin dalla primissima età le molte suggestioni che le vengono dall’ambiente familiare e la sua formazione culturale avviene in un ambiente privilegiato, quello offerto dal salotto letterario e artistico che si costituì nel primo dopoguerra attorno alla madre, biografa di Eleonora Duse, prima traduttrice di diversi capolavori della letteratura russa ed amica di artisti e uomini di teatro, nonché al padre, Angelo Signorelli, uno dei primissimi collezionisti italiani di arte moderna. Dopo il compimento degli studi classici, Maria si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma e prende a frequentare lo studio di scenografia del Teatro Reale, diretto al tempo da Nicola Benois. La passione
per il disegno, il colore e il teatro la portano a creare i suoi primi fantocci, sculture morbide, che vengono esposte per la prima volta nel 1929 alla romana Casa d’Arte Bragaglia di via degli Avignonesi. Ad una successiva mostra alla Galleria Zak di Parigi, presentata da De Chirico, segue un lungo soggiorno a Berlino che viene coronato da una nuova mostra alla Galeria Gurlitt. Ed è a Berlino, negli anni tra le due guerre in cui la città é per molti aspetti la capitale artistica e culturale d’Europa, che si compie la sua formazione teatrale. Un percorso che, dal pupazzo come scultura morbida in cui prende vita quell’essere umano “artificiale” che era una delle idées fixes delle avanguardie artistiche di quegli anni, la conduce al burattino agito a mano e destinato alla vita teatrale. Tornata in Italia, inizia a collaborare con Anton Giulio Bragaglia in numerosi spettacoli allestiti al Teatro degli Indipendenti e poi al Teatro delle Arti di Roma. Nel 1934 progetta assieme a Carlo Rende il “Pluriscenio M”, un progetto di palcoscenico costruito in modo da potere presentare contempora- neamente sette ambienti: presentato a Roma alle “Stanze del libro”, e poi altrove in Italia ed a Buenos Aires, questo particolare palcoscenico fu molto apprezzato da Bragaglia e lodato da Marinetti. Nel 1937 raccogliendo la proposta della cantante svizzera Maria Amstad inizia a creare i suoi primi spettacoli di burattini: La boîte à joujoux e Bastien et Bastienne, che vengono presentati nella Sala dei Concerti Intimi di via Boncompagni a Roma. Nel 1939 sposa il pedagogista Luigi Volpicelli; un’unione che sicuramente stimolerà in Maria l’interesse per l’utilizzo pedagogico ed educativo dei burattini. Nel 1947, a secondo conflitto mondiale concluso, Signorelli fonda la compagnia L’Opera dei Burattini, alla cui attività iniziano a collaborare artisti di vaglia: Lina Job Wertmüller, Gabriele Ferzetti e Scil- la Brini (tra gli attori), Enrico Prampolini, Ruggero Savinio e Toti Scialoja (tra i pittori-scenografi), Ennio Porrino, Vieri Tosatti e Roman Vlad (tra i compositori), Margherita Wallmann e Giuseppe De Martino (tra i registi). Gli spettacoli della compagnia, attiva poi per diversi decenni, propongono non soltanto un talento singolarmente ricco e fecondo, ma la capacità di rendere il teatro di figura pienamente partecipe della vita culturale di un’epoca, della quale i burattini di Maria sono in grado di restituire chimere ed inquie- tudini, speranze ed orrori, ed una fede incrollabile nella missione profondamente umanistica dell’arte. Si spiega così il grande successo dei suoi spettacoli, in cui questa forma di teatro, ingiustamente ritenuto da molti riservato all’infanzia, trova il respiro culturale che lo pone a pieno titolo tra le maggiori espressioni del suo tempo. Prende vita man mano un repertorio amplissimo che si fa conoscere in Italia e all’estero per la quali- tà dell’invenzione drammaturgica, la raffinatezza degli allestimenti e delle musiche e la felice sintesi di sperimentalismo e tradizione. Le creazioni sono rivolte sia agli adulti, attratti da messinscene di grande poesia, sia all’infanzia, cui i burattini aprono un mondo di fiaba che non manca di valenze educative. Tra i maggiori spettacoli ispirati da opere letterarie ricordiamo: Re cervo di Gozzi, La favola del pesciolino d’oro di Pushkin, L’Usignolo e la rosa di Wilde, La tempesta di Shakespeare, Faust di Guido Bonneschk, L’Inferno di Dante, La Rivoluzione Francese di G. Ceronetti, Antigone di Brecht.
per il disegno, il colore e il teatro la portano a creare i suoi primi fantocci, sculture morbide, che vengono esposte per la prima volta nel 1929 alla romana Casa d’Arte Bragaglia di via degli Avignonesi. Ad una successiva mostra alla Galleria Zak di Parigi, presentata da De Chirico, segue un lungo soggiorno a Berlino che viene coronato da una nuova mostra alla Galeria Gurlitt. Ed è a Berlino, negli anni tra le due guerre in cui la città é per molti aspetti la capitale artistica e culturale d’Europa, che si compie la sua formazione teatrale. Un percorso che, dal pupazzo come scultura morbida in cui prende vita quell’essere umano “artificiale” che era una delle idées fixes delle avanguardie artistiche di quegli anni, la conduce al burattino agito a mano e destinato alla vita teatrale. Tornata in Italia, inizia a collaborare con Anton Giulio Bragaglia in numerosi spettacoli allestiti al Teatro degli Indipendenti e poi al Teatro delle Arti di Roma. Nel 1934 progetta assieme a Carlo Rende il “Pluriscenio M”, un progetto di palcoscenico costruito in modo da potere presentare contempora- neamente sette ambienti: presentato a Roma alle “Stanze del libro”, e poi altrove in Italia ed a Buenos Aires, questo particolare palcoscenico fu molto apprezzato da Bragaglia e lodato da Marinetti. Nel 1937 raccogliendo la proposta della cantante svizzera Maria Amstad inizia a creare i suoi primi spettacoli di burattini: La boîte à joujoux e Bastien et Bastienne, che vengono presentati nella Sala dei Concerti Intimi di via Boncompagni a Roma. Nel 1939 sposa il pedagogista Luigi Volpicelli; un’unione che sicuramente stimolerà in Maria l’interesse per l’utilizzo pedagogico ed educativo dei burattini. Nel 1947, a secondo conflitto mondiale concluso, Signorelli fonda la compagnia L’Opera dei Burattini, alla cui attività iniziano a collaborare artisti di vaglia: Lina Job Wertmüller, Gabriele Ferzetti e Scil- la Brini (tra gli attori), Enrico Prampolini, Ruggero Savinio e Toti Scialoja (tra i pittori-scenografi), Ennio Porrino, Vieri Tosatti e Roman Vlad (tra i compositori), Margherita Wallmann e Giuseppe De Martino (tra i registi). Gli spettacoli della compagnia, attiva poi per diversi decenni, propongono non soltanto un talento singolarmente ricco e fecondo, ma la capacità di rendere il teatro di figura pienamente partecipe della vita culturale di un’epoca, della quale i burattini di Maria sono in grado di restituire chimere ed inquie- tudini, speranze ed orrori, ed una fede incrollabile nella missione profondamente umanistica dell’arte. Si spiega così il grande successo dei suoi spettacoli, in cui questa forma di teatro, ingiustamente ritenuto da molti riservato all’infanzia, trova il respiro culturale che lo pone a pieno titolo tra le maggiori espressioni del suo tempo. Prende vita man mano un repertorio amplissimo che si fa conoscere in Italia e all’estero per la quali- tà dell’invenzione drammaturgica, la raffinatezza degli allestimenti e delle musiche e la felice sintesi di sperimentalismo e tradizione. Le creazioni sono rivolte sia agli adulti, attratti da messinscene di grande poesia, sia all’infanzia, cui i burattini aprono un mondo di fiaba che non manca di valenze educative. Tra i maggiori spettacoli ispirati da opere letterarie ricordiamo: Re cervo di Gozzi, La favola del pesciolino d’oro di Pushkin, L’Usignolo e la rosa di Wilde, La tempesta di Shakespeare, Faust di Guido Bonneschk, L’Inferno di Dante, La Rivoluzione Francese di G. Ceronetti, Antigone di Brecht.
Il suo particolare virtuosismo nel concepire burattini-ballerini e nel metterli in scena rende celebri alcuni suoi balletti, come Cenerentola di Prokofiev, El Retablo de Maese Pedro di De Falla e La boîte à joujoux di Debussy. All’intensa produzione spettacolare e alle svariate centinaia di burattini da lei creati, la Signorelli af- fianca un notevole impegno didattico, che la porta ad insegnare dal 1972 nel corso di teatro di animazione appositamente istituito per lei al DAMS di Bologna, a creare diverse trasmissioni radiofoniche (come Moto perpetuo, 1953-54; Giochiamo al teatro, 1967-68) e televisive (Serata di gala al Teatro dei Burattini, 1958; Piccolo mondo magico, 1959; Pomeriggio all’Opera, 1960), nonché a lavorare a conferenze e articoli su periodici specializzati nella didattica. E’ stata una delle più convinte sostenitrici dell’importanza e dell’utilità del teatro (in particolare quello di burattini e marionette) nel processo formativo della personalità infantile e a questi temi ha dedicato una feconda produzione libraria : Il burattinaio perfetto (1955), Il bambino e il teatro (1957), L’esperienza scolastica del teatro (1963), Il Gioco del burattinaio (1975) e Storia e tecnica del teatro delle ombre (1981). Sempre in questo filone di ricerca si colloca la sua organizzazione nel 1961 a Frascati, del Convegno Internazionale Il Teatro di Burattini e di Marionette e l’Educazione sotto l’egida dell’UNIMA (Union Internationale de la Marionnette), fondata a Praga nel 1929.
Membro del Consiglio Mondiale dell’UNIMA, Maria partecipò, alla fine della seconda guerra mondiale, alla rinata attività dell’associazione sin dal primo Congresso del 1957 convinta, com’era, che “il teatro di pupazzi riproponendo il mondo umano nei termini delle marionette e del burattino o delle figure d’ombre o comunque altro sia, apre spazio enorme al bisogno di evasione e di poesia che si annida in ciascuno di noi”. Partecipò poi alla creazione della sezione italiana dell’Unima, nel 1980, di cui assunse la Presidenza. In seguito ne fu a lungo Presidente onorario.
Si è spenta a Roma il 9 luglio 1992.
OTELLO SARZI
Otello Sarzi (1922-2001), è stato certamente uno dei grandi maestri burattinai del Novecento. Erede di una dinastia con 115 anni di attività, figlio e nipote d’arte, (il padre Francesco e il nonno Antonio erano anch’essi burattinai), Otello è stato un profondo conoscitore, interprete e innovatore della tradizione (indimenticabile la sua interpretazione di Sandrone ai bagni di Salsomaggiore) ma soprattutto un incredibile creatore e sperimentatore di nuovi linguaggi. Un percorso artistico che lo condurrà durante la sua lunga carriera a numerose tournée internazionali di successo in Asia, in Africa, nel Nord e Sud America e a numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. La storia della famiglia Sarzi, originaria dei dintorni di Mantova, è quella di una compagnia di teatranti ambulanti connotata da un forte militanza politica. Il padre di Otello, Francesco, fu mandato soldato a Tobruk, in Libia, dove rimase fino alla fine della prima guerra mondiale . Durante gli anni trascorsi in Africa, mise in scena sia spettacoli di burattini che di prosa, con l’aiuto di un gruppo di uomini dalle idee socialiste quali Giuseppe Di Vittorio, Ercole Buco, Umberto Bianchi. Questo apprendistato politico lo portò a partecipare alla fondazione del Partito Comunista d’Italia nel 1921 a Livorno e ad una intensa attività politica antifascista, che portò avanti anche con l’aiuto dei suoi familiari. Le posizioni fortemente avverse al fascismo porteranno, dopo vari interventi della censura, allo scioglimento della compagnia stessa da parte del regime.
In questo humus familiare Otello, fervente antifascista, non nasconde le proprie idee ma anzi le dichiara apertamente nelle varie località che sono visitate dalla compagnia. Sul finire degli anni Trenta deve riparare in Svizzera dove incomincia un’attività di cospirazione clandestina con i fuoriusciti repubblicani. Otello e la sorella Lucia (di due anni più grande di lui) vengono arrestati nel 1940 per un incauto scambio epistolare e, anche se rilasciati, sono ormai schedati come sovversivi; Otello si impegna allora nella Resistenza, collaborando strettamente con i Fratelli Cervi e attraversando le drammatiche vicende dell’occupazione tedesca e della guerra civile. Al termine delle tragedie belliche Otello si dedica ad un teatro sociale improntato con forza e coerenza ai suoi ideali di pace e di solidarietà. Inizia il suo personale e innovativo percorso artistico negli anni ’50 a Roma, dove fonda il Teatro Sperimentale Burattini e Marionette che rimarrà nella capitale per circa 16 anni, durante i quali la preoccupazione principale di Sarzi è quella di recuperare lo specifico linguaggio teatrale dei burattini. Affronta testi di Brecht, Majakovskij, Borchert, Beckett e molti altri ed è il primo in Italia ad adottare nuove forme e modalità di manipolazione delle figure animate, esplorando le potenzialità espressive di materiali eterogenei: lattice, gommapiuma, metallo e oggetti di recupero. |
Nel 1969 Renzo Bonazzi, Sindaco di Reggio Emilia, Giuseppe Gherpelli, assessore alla Cultura della Provincia di Reggio Emilia e Mario Benassi, Direttore del Teatro Municipale invitano Otello Sarzi e la sua compagnia a dar vita a una originale esperienza culturale e creativa nel territorio reggiano. Inizia così un intenso lavoro di sperimentazione nelle scuole elementari e in quelle comunali dell’infanzia coordinate da Loris Malaguzzi che porterà alla nascita del Laboratorio di Animazione permanente Gianni Rodari, diretto poi per 40 anni da Mariano Dolci. Quest’esperienza favorisce il ritorno in Emilia del T.S.B.M. che si insedia stabilmente a Reggio, cambiando nome e diventando Teatro Setaccio Burattini e Marionette. Grazie alla grande disponibilità e generosità d’animo di Otello e alla sua capacità di unire la fedeltà alla tradizione con l’apertura alle nuove tendenze dello spettacolo contemporaneo, la sede della compagnia diventa in quegli anni un luogo d’attrazione, nel quale molti giovani “vanno a bottega” dal maestro burattinaio per imparare a fare teatro coi burattini e le marionette. Molti dei gruppi teatrali formatisi in Italia in quegli annitra gli altri il Teatro delle Briciole di Reggio Emilia, il Teatro Mangiafuoco di Milano, il Teatro Tages di Quartu S. Elena - hanno le loro radici nell’esperienza e nell’insegnamento di Sarzi, coadiuvato dalla sorella più giovane Gigliola. Col Teatro Setaccio Otello non abbandona l’arte della sperimentazione e colleziona collaborazioni eccellenti, come quella con il Piccolo Teatro di Milano per il quale produce nel 1980 il Castello di Kafka con le musiche originali di Giorgio Gaslini e quella con Giancarlo Cobelli con il quale produce Mavra di Igor Stravinskij per il Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1985. Nel 1994 partecipa al Festival di Santarcangelo sotto la direzione di Leo de Bernardinis e fino agli ultimi anni di vita è sulla scena con i suoi spettacoli più rappresentativi. Muore a 79 anni a Bagnolo in Piano (RE) dove aveva fissato la sua ultima dimora e dove nel 1996 ha voluto dar vita alla Fondazione Famiglia Sarzi, con l’obiettivo di “valorizzare l’opera artistica di Otello Sarzi Madidini, il patrimonio artistico di questi e dell’intera famiglia Sarzi Madidini, la divulgazione e difesa del patrimonio italiano della Commedia dell’Arte e dei burattini che ne sono eredi, del patrimonio artistico e teatrale in genere, nel passato e nel suo divenire storico”.
TININ E VELIA MANTEGAZZA
Tinin e Velia Mantegazza hanno attraversato con la loro unione la storia del teatro d’animazione italiano, dalla fine negli anni Cinquanta ai giorni nostri. Agostino Mantegazza, per tutti Tinin, nasce a Varazze nel 1931 e inizia prestissimo a disegnare, attratto in particolare dagli illustratori del Corriere dei Piccoli: Tofano, Rubino, Manca, Bisi. Proprio sul Corriere nel 1950 pubblica le sue prime illustrazioni. Nel 1952 espone una serie di disegni alla Galleria San Fedele di Milano e in quel periodo, stringe amicizia con vari artisti dell’ambiente milanese, come Romagnoni, Guerreschi, Ceretti. Nel ’53, con Sergio D’Angelo, Nando Pierluca, Enrico Baj e Joe Colombo, realizza la decorazione del locale esistenzialista Santa Tecla di Milano; assieme fondano il gruppo Pittura Nucleare ed in seguito diventano amici di Fontana e Sassu. Sempre a Milano, nel 1957 inizia la sua attività giornalistica come illustratore del quotidiano La Notte e suoi disegni figurano alla Galleria Blu, accanto alle opere
di Bruno Munari, Alberto Longoni, Fabio Massimo Solari. Velia Tumiati nasce a Ferrara nel 1938 in una famiglia antifascista; il nonno, leader socialista, aveva dovuto rifugiarsi in America perché condannato a morte. Il padre di Velia, musicista, viene condannato dal regime al confino ad Ustica mentre Velia e la madre riparano in Svizzera. Velia conoscerà il padre solo alla fine della guerra e poco dopo perderà la madre che muore quando lei ha solo dieci anni. Dotata di un carattere ribelle ed esuberante, Velia durante gli studi superiori inizia a bazzicare nel mondo milanese del teatro di prosa ma scopre presto che il mestiere di attrice non fa per lei. Nel frattempo lei e Tinin si conoscono e nel 1958 convolano a nozze. Un anni più tardi aprono a Milano una piccola, ma vivace galleria, La Muffola, dove espongono pittori, ceramisti, disegnatori e si esibiscono giovani attori e cantanti. Nel ’64 fondano in cooperativa con Bruno Lauzi, Cochi e Renato e il grande compositore Gino Negri, il club Cab ’64, che ospiterà i primi passi sulle scene di Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Maria Monti e Paolo Poli. Nel 1962 intanto, hanno iniziato un percorso artistico nel mondo del Teatro d’Animazione che segnerà la storia italiana dei pupazzi, in teatro e nella televisione. Saranno più di duemila i pupazzi ideati e costruiti da Tinin e Velia per i loro spettacoli, dagli esordi con la Fata Muccona fino al Dodò, indimenticabile protagonista della trasmissione RAI L’albero azzurro. Risalgono a quegli anni anche le loro prime collaborazione con la Rai; è grazie all’incontro con Raffaele Crovi, allora responsabile di produzione a Milano che prendono vita sceneggiati come Gulliver e Alice nel paese delle meraviglie ( prima trasmissione a colori della TV italiana con protagonista Milena Vukotic), e poi le Telefiabe , Il Bosco degli Animatti e Il giro del mondo in ottanta giorni, girato con figurine ritagliate bidimensionali e sfruttando l’allora innovativo effetto “kroma-key”. E ancora storici programmi per ragazzi come Chissa chi lo sa? (cui parteciperanno cantautori esordienti come Battisti, Guccini e Branduardi) e Dirodorlando.
di Bruno Munari, Alberto Longoni, Fabio Massimo Solari. Velia Tumiati nasce a Ferrara nel 1938 in una famiglia antifascista; il nonno, leader socialista, aveva dovuto rifugiarsi in America perché condannato a morte. Il padre di Velia, musicista, viene condannato dal regime al confino ad Ustica mentre Velia e la madre riparano in Svizzera. Velia conoscerà il padre solo alla fine della guerra e poco dopo perderà la madre che muore quando lei ha solo dieci anni. Dotata di un carattere ribelle ed esuberante, Velia durante gli studi superiori inizia a bazzicare nel mondo milanese del teatro di prosa ma scopre presto che il mestiere di attrice non fa per lei. Nel frattempo lei e Tinin si conoscono e nel 1958 convolano a nozze. Un anni più tardi aprono a Milano una piccola, ma vivace galleria, La Muffola, dove espongono pittori, ceramisti, disegnatori e si esibiscono giovani attori e cantanti. Nel ’64 fondano in cooperativa con Bruno Lauzi, Cochi e Renato e il grande compositore Gino Negri, il club Cab ’64, che ospiterà i primi passi sulle scene di Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Maria Monti e Paolo Poli. Nel 1962 intanto, hanno iniziato un percorso artistico nel mondo del Teatro d’Animazione che segnerà la storia italiana dei pupazzi, in teatro e nella televisione. Saranno più di duemila i pupazzi ideati e costruiti da Tinin e Velia per i loro spettacoli, dagli esordi con la Fata Muccona fino al Dodò, indimenticabile protagonista della trasmissione RAI L’albero azzurro. Risalgono a quegli anni anche le loro prime collaborazione con la Rai; è grazie all’incontro con Raffaele Crovi, allora responsabile di produzione a Milano che prendono vita sceneggiati come Gulliver e Alice nel paese delle meraviglie ( prima trasmissione a colori della TV italiana con protagonista Milena Vukotic), e poi le Telefiabe , Il Bosco degli Animatti e Il giro del mondo in ottanta giorni, girato con figurine ritagliate bidimensionali e sfruttando l’allora innovativo effetto “kroma-key”. E ancora storici programmi per ragazzi come Chissa chi lo sa? (cui parteciperanno cantautori esordienti come Battisti, Guccini e Branduardi) e Dirodorlando.
Da queste attività i Mantegazza sono assorbiti durante tutti gli anni Settanta fino alla fondazione nel 1975 della cooperativa Teatro del Buratto che porterà sulle scene spettacoli che sono pietre miliari del Teatro d’Animazione: dal lavoro di debutto L’Histoire du Soldat del 1975 sulle musiche di Igor Stravinskij, al Pierino e il lupo di Prokofiev del 1976, al Cipì di Mario Lodi del 1978, fino a quello Quello Stolfo da Ferrara (e alla sua versione per ragazzi Il Viaggio di Astolfo), liberamente tratto dall’Orlando Furioso, con testo di Raffaele Crovi, musiche originali di Franco Battiato e Giusto Pio, scene e costumi di Enrico Lui e di Tinin e la regia di Velia, vincitore nel 1983 del Premio E.T.I. Stregagatto come migliore spettacolo. Conclusa nel 1986 l’esperienza al Buratto e lasciata la direzione del Teatro Verdi di Milano, Tinin riprende i suoi numerosi impegni giornalistici e televisivi; nell’85 inventa il pupazzo Dodò, protagonista del programma per bambini L’albero azzurro, di cui Tinin è anche tra gli autori. Velia sarà invece la regista per oltre 500 puntate di quella che diventerà rapidamente una trasmissione “cult” della Rai. Nell’89 Tinin inizia la collaborazione a Il fatto di Enzo Biagi, realizzando i disegni delle schede in onda ogni sera su RAI 1, fino alla “tristemente famosa” chiusura del programma. Velia intanto si dedica alle regie di spettacoli teatrali e di musica d’autore, con collaborazioni che spaziano dal Teatro Alla Scala di Milano a quelle con Ornella Vanoni, Gino Paoli, Ivano Fossati, Elisa, Samuele Bersani e Teresa De Sio e alle regie di alcune edizioni del Premio Tenco. Si è dedicata poi con convinzione a progetti con Massimo Carlotto sul Teatro di protesta e a iniziative editoriali e di spettacolo per il sostegno di Emergency. I Mantegazza si sono trasferiti da molti anni a Cesenatico, divenuta la loro città d’elezione e dove Tinin ha dato il suo fondamentale apporto per la nascita del Presepe della Marineria; ha inoltre dato vita nella vicina Gatteo al Festival della Micizia e a Sorrivoli al Festival dei Burattini. A Cesenatico si dedica ad una ricerca squisitamente “estetica” sulle luci e sui colori marini e da questa insistita indagine sono scaturite alcune grandi imprese decorative, come quelle del ’96 - ’98 al ristorante La Buca di Cesenatico. Tredici Orizzonti di mare sono stati esposti nel maggio ’99 nei saloni del Casinò di San Pellegrino Terme in occasione del Festival Nazionale della Poesia.
LELE LUZZATI
Luzzati nasce a Genova nel 1921 e nel 1940 è costretto ad abbandonare la sua città a causa delle leggi razziali. Si rifugia a Losanna, dove studia e si diploma all’Ecole des Beaux Arts. Nel 1945, con la fine della guerra e la caduta del fascismo torna in Italia dove ripropone a Genova al Teatro Augustus e a Milano al Teatro Litta il suo primo allestimento svizzero. Due anni dopo, su testo di Fersen, va in scena Lea Lebowitz con maschere, scene e costumi. Lo spettacolo ottiene ampi riconoscimenti che gli schiudono le porte del teatro ufficiale. Nel 1950 Gassman lo chiama per disegnare le maschere e i costumi per il Peer Gynt di Ibsen; nove anni più tardi con Il Cordovano di Goffredo Petrassi realizza la prima opera per il Teatro della Scala di Milano. Nel 1960 collabora con Aldo Trionfo alla Borsa di Arlecchino, dove conosce Paolo Poli, Claudia Lawrence, Marco Parodi e Giancarlo Bignardi. Nel 1961 fonda insieme a Franco Enriquez, Glauco Mauri e Valeria Moriconi la Compagnia dei Quattro, il cui primo spettacolo fu Il rinoceronte di Eugène Ionesco. Mentre con il Don Giovanni involontario firma la sua prima scena per Gianfranco De Bosio. Deal 1960 inizia i suoi primi lavori per il nascente Teatro Ragazzi, attività che continuerà per tutta la vita, realizzando e firmando una settantina di scenografie per spettacoli diventati “mitici”, su testi suoi e tra gli altri di Gianni Rodari e Tonino Conte. Ricordiamo alcuni dei titoli più noti della sua vastissima produzione: La tarantella di Pulcinella, I tra grassoni, Gilgamesh, Odissea, Pinocchio, Lo schiaccianoci, La Gazza ladra e Pierino e il lupo. Molti di questi spettacoli saranno portati sulle scene dal Teatro della Tosse, da lui fondato a Genova nel 1976 con Tonino Conte e Aldo Trionfo.
Nel 1972 espone alla Biennale di Venezia nella sezione Grafica Sperimentale. Dal 1981 al 1984 una sua mostra, intitolata Il sipario magico di Emanuele Luzzati, allestita dall’Università di Roma a cura di Mara Fazio e Silvia Carandini, gira in Italia e all’estero. Nel 1988 illustra Le fiabe scelte dei fratelli Grimm per le Edizioni Olivetti, lasua opera grafica più compiuta. Nel marzo del 1990 si inaugurano a Reggio Emilia, Cavriago, Sant’Ilario e Montecchio quattro sezioni di una grande mostra dedicata all’opera complessiva di Luzzati. Nello stesso anno realizza i bozzetti per le scenografie dello spettacolo teatrale Il coturno e la ciabatta, tratto dal testo di Alberto Savinio per la regia di Paolo Poli. Il sodalizio tra l’artista e il regista si rinnoverà per altri numerosi spettacoli, tra cui La leggenda di San Gregorio (1992–1993), la divertente rilettura de L’asino d’oro tratto da Apuleio (1995-1997) e I Viaggi di Gulliver (1997). Nel 1992 gli viene conferita dall’Università di Genova, sua città, la laurea honoris causa in Architettura. L’anno dopo viene allestita la mostra Emanuele Luzzati Scenografo, presso il Centre Georges Pompidou di Parigi a cura dell’Unione dei Teatri d’Europa. L’evento verrà ripreso poi a Roma, Firenze, Bellinzona, Salonicco, Milano e Genova, dove la mostra viene arricchita con un’ampia sezione dedicata all’illustrazione. Nel 1995 riceve il Premio Ubu per la scenografia del Pinocchio prodotto dal Teatro della Tosse di Genova. Nel 1998 progetta un parco giochi per bambini per il Comune di Santa Margherita Ligure, ispirato al Flauto Magico di Mozart e nella casa natale di Mozart a Salisburgo, viene presentata la mostra I Mozart di Luzzati. |
Nel 2000 sono allestite le mostre Emanuele Luzzati. Viaggio nel Mondo Ebraico al Palazzo della Triennale di Milano e Luzzati-Rodari al Palazzo delle Esposizioni a Roma. Nello stesso anno con la mostra I Mozart di Luzzati, viene inaugurato a Genova il suo museo permanente a Porta Siberia (Area Porto Antico). È nominato dal Presidente Ciampi “Grande Ufficiale della Repubblica”. Nel 2002 crea le scene per Il Flauto Magico di Mozart allestito al Teatro dell’Opera di Genova. Nel 2006 realizza la scenografia di Hansel e Gretel di Humperdinck per l’Opera Theatre di Saint Louis. Nel corso della sua carriera ha realizzato più di cinquecento scenografie per Prosa, Lirica e Danza nei principali teatri italiani e stranieri, illustrato e scritto diversi libri dedicati all’infanzia, eseguito svariati pannelli, sbalzi ed arazzi. Da ricordare le sue collaborazioni con il London Festival Ballet, con il Glyndebourne Festival, con la Chicago Opera House e con la Staatsoper di Vienna. Ha ottenuto anche due nomination all’Oscar per i suoi film d’animazione La gazza ladra e Pulcinella. Assurto a fama internazionale come scenografo e illustratore, Emanuele Luzzati è stato maestro in ogni campo dell’arte applicata. E pur senza essere burattinaio o marionettista Luzzati ha influenzato il Teatro d’Animazione italiano con la sua arte figurativa abile e colta, capace di usare con maestria ogni sorta di materiale: dalla terracotta allo smalto, dall’intreccio di lane per arazzi all’incisione su supporti diversi, ai collage di carte e tessuti composti per costruire bozzetti di burattini, di scene, di costumi. |
Fanno ormai parte della storia e del patrimonio del Teatro d’Animazione i tanti spettacoli messi in scena con figure realizzate sui suoi disegni: dagli splendidi lavori di teatro d’ombre del Teatro Gioco Vita di Piacenza, agli spettacoli di burattini di Bruno Cereseto del Teatro della Tosse di Genova, ai lavori con Pulcinella di Paolo Comentale della Casa di Pulcinella di Bari. La ricchezza del suo mondo fantastico, l’immediatezza ed espressività del suo stile personalissimo, ne hanno fatto uno degli artisti più amati ed ammirati del nostro tempo. Muore a Genova il 26 gennaio 2007, a 86 anni, nella casa dove ha abitato tutta la vita.